delega agli amministratori ad aumentare il capitale,  deve essere prevista nell’atto costitutivo


 

art. 2443 - Delega agli amministratori

 

L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data dell'iscrizione della società nel registro delle imprese.

 

Tale facoltà può essere attribuita anche mediante modificazione dell'atto costitutivo, per il periodo massimo di cinque anni dalla data della deliberazione.

 

Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e iscritto a norma dell'art. 2436.

 

 


 

Trib. Verona, 22.07.1993

Vita not., 1994, I, pag. 319

Società, 1994, pag. 350

 

Per il conferimento agli amministratori della delega ad aumentare il capitale sociale, l'art. 2443, c. 2, c.c., esige una deliberazione espressa di modifica dell'atto costitutivo da parte dell'assemblea straordinaria che introduca nello statuto l'attribuzione della facoltà delegata agli amministratori.

 

La facoltà (statutaria) di cui all'art. 2443, c.c., non può quindi conferirsi implicitamente mediante una deliberazione assembleare con la quale si attribuisca direttamente agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale.

 

 


 

App. Milano, 23.07.1988

Giur. comm., 1990, II, pag. 276

Giur. it., 1988, I, 2, pag. 617

Dir. fall., 1989, II, pag. 397

Società, 1988, pag. 1284.

 

La delega dell'assemblea straordinaria al consiglio di amministrazione per l'aumento del capitale deve essere recepita nello statuto depositato, essendo la pubblicità e conoscibilità delle modifiche statutarie prevista dalla legge.

 

La delega prevista dall'art. 2443 deve ritenersi legittimamente conferita dall'assemblea soltanto qualora quest'ultima abbia già provveduto a modificare l'atto costitutivo, introducendo in esso, ove non prevista, la possibilità di attribuire al consiglio la facoltà di aumentare il capitale.

 

Il potere di escludere o limitare il diritto d'opzione dei soci, per le azioni di nuova emissione, previsto dall'art. 2441, comma 5, deve ritenersi non delegabile al consiglio.

 

L'imposizione, da parte del Consiglio, di un sovrapprezzo per ogni nuova azione offerta in opzione ai soci, comportando un'evidente limitazione di tale diritto, deve ritenersi illegittima.

 

 


 

App. Milano, 23.07.1988

Dir. fall., 1989, II, 397.

 

Non è omologabile la deliberazione assembleare di una società per azioni, con la quale si attribuisce agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale, in assenza di una specifica previsione di detta delega nell'atto costitutivo originario, ovvero di una successiva modificazione, in tal senso, del menzionato atto disposto dall'assemblea straordinaria

 

È del pari inammissibile, particolarmente in base a quanto disposto dall'art. 2443, c.c., la delega agli amministratori del potere previsto dall'art. 2441, c. 5, c.c., di escludere o limitare il diritto di opzione dei soci per le azioni di nuova emissione (e del correlativo potere di determinare il prezzo e il sovrapprezzo di dette azioni), sia perché detta delega non è prevista specificamente dal menzionato art. 2443 c.c., sia perché comunque essa deve ritenersi incompatibile con la procedura prevista dall'art. 2441, c. 5, c.c. (procedura che contempla la relazione degli amministratori giustificativa dell'esclusione o limitativa del diritto di opzione e dei criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione, la comunicazione di detta relazione al collegio sindacale, il parere di quest'ultimo, il deposito della relazione e del parere nella sede della società, l'approvazione da parte dell'assemblea col voto di tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale).

 

Nell'ipotesi, infine, di società per azioni quotata in borsa, l'illegittimità della deliberazione avente il suddetto contenuto consegue altresì alla mancata allegazione del parere sulla congruità del prezzo di emissione espresso da una società di revisione, parere obbligatoriamente previsto dall'art.7, D.P.R. 136/1975.

 

 


 

Not. Fabrizio Branca, rileva:

 

Ne caso che rilevo, l'ordine del giorno era la delega agli amministratori di un aumento di capitale da effettuarsi entro due anni per un importo massimo di ... euro.

Ho obiettato alle parti che era necessario indicare nell'ordine del giorno anche la preventiva modifica dello Statuto come sostenuto da Tribunale e Appello di Milano e puntualmente riportato al punto 5.4.12.3 sul sito Notartel alla sezione omologhe o, in alternativa, era necessaria un'assemblea totalitaria.

Il verbale in questione è stato poi fatto da altro notaio, fra l'altro titolare di un recapito "abusivo" qui a Mondovì, che non ha trovato nulla da ridire sull'ordine del giorno.

Chi aveva ragione?

 

 


 

Not. Giovanni De Marchi, risponde:

 

Il problema mi pare stia nella convocazione.

A parte la discutibilità delle massime segnalate, un po' troppo formalistiche, siamo sicuri che non si possa intendere implicitamente all'ordine del giorno la modifica dello statuto, se l'o.d.g. stesso prevede la delega ex art. 2443?

Se io socio vengo convocato per deliberare la delega al consiglio ex art. 2443, e verifico che nello statuto non si prevede detta possibilità, e l'assemblea invece modifica effettivamente lo statuto come richiesto dal Tribunale e, quindi, provvede alla delega, potrò davvero impugnare la delibera perché non conforme all'ordine del giorno?

Sarei sicuro che si possa agire così se nell'ordine del giorno cisia anche, ad esempio, un "provvedimenti conseguenti", ma probabilmente - con un'interpretazione che mi pare di buona fede - anche in assenza.